Da presidente di una piccola realtà calcistica (il Bovino che milita in Terza categoria) ad infermiere in prima linea per fronteggiare l’avanzata silenziosa e invisibile del Covid-19. E’ la storia di Matteo Biscari, 32 anni ad agosto, uno dei tanti infermieri impegnati in “trincea”. Lavora presso il Policlinico Riuniti di Foggia, in uno dei tanti reparti Covid allestiti per far fronte all’emergenza sanitaria in corso. Sposato con 2 figlie, la più piccola di nome Francesca ha soli 3 mesi, mentre la più grande Nicole, ne ha 3 anni. Stimato e giovanissimo presidente del Bovino Calcio, è stato anche tra i primi presidenti ad imporsi, preservando i suoi ragazzi dal rischio contagio, interrompendo il percorso sportivo con occhi da sanitario, in tempi ancora lontani dalla situazione di emergenza sanitaria odierna. “È dura guardare dritto negli occhi il virus e al contempo offrire con professionalità e senza indugi l’assistenza adeguata e l’amore che i nostri pazienti meritano da noi sanitari – dice il presidente-infermiere -. Non c’è da fare gli eroi, nella maniera più assoluta perché la paura è veramente tanta, sarei bugiardo ad affermare il contrario. Purtroppo fino a quando ci sarà qualche “irresponsabile” che in barba alle regole, continuerà a girovagare, noi sanitari saremo costretti a stare lì, su quelle ambulanze, nei pronto soccorso, in corsia, nelle rianimazioni, a lavorare in queste condizioni e sopratutto continueremo ad assistere a scene drammatiche di anziani e giovani che a causa di complicanze finiscono attaccati ad un respiratore – racconta ancora Matteo Biscari -. Pazienti soli, costretti a salutare i loro parenti, quando ne hanno la possibilità, prima di giungere in ospedale, e senza il minimo conforto familiare, si rifugiano e si affidano solo all’amore delle cure dei sanitari.” Matteo Biscari combatte ogni giorno contro un mostro invisibile, che incute timore, dolore, ansia e che purtroppo miete ancora tante vittime. “Come tanti infermieri, medici e operatori sanitari ho letteralmente ridisegnato la mia vita – spiega ancora -, mutandone ogni singolo aspetto, in primis l’aspetto legato alla famiglia e agli affetti. Non vedo e non abbraccio le mie figlie e mia moglie ormai da troppi giorni, costretto ad allontanarle da me per evitare che potessero subire i rischi di contagio connessi al mio lavoro. È dura per un papà e marito come me, sempre presente, stare lontano dalla propria famiglia – sottolinea il presidente del Bovino Calcio, Matteo Biscari – -, guardare i volti delle proprie bambine crescere attraverso lo schermo di un telefono. È dura non poterle abbracciare, coccolarle e dire loro che tutto andrà bene. In tutto questo ciò che mi da coraggio è la forza di mia moglie, che riesce, non so come, a darmi forza e nel contempo ad ottemperare anche al ruolo di padre.”
Per lui, come per tutti gli operatori è veramente dura mantenere la concentrazione e l’attenzione massima per 8-9 ore consecutive. Bardati, con i soli tratti somatici in vista, anch’essi nascosti da maschera e visiera, dove diventano irriconoscibili al punto tale che viene un pò meno quel rapporto di familiarità somatica ed empatica che si crea tra il paziente. “Seguiamo procedure meticolose di vestizione e svestizione, ma il rischio è sempre dietro l’angolo. È dura indossare i DPI per tante ore, non bere, non poter fare neanche la pipì per la paura di sbagliare qualcosa nei movimenti – racconta il presidente del Bovino Calcio, Matteo Biscari – che con semplicità e naturalezza siamo abituati a fare da quanto siamo nati, ma che oggi sembrano procedure da eseguire alla perfezione, per non finire contagiati. Credetemi, anche per persone come noi sanitari, “abituati” per modo di dire, a vedere di tutto negli ospedali, è una lama che trafigge il cuore assistere a queste scene.”
Poi due parole sulla cittadina in cui vive. “Da presidente della squadra di calcio di paese sono veramente rattristato. Bovino vive momenti difficili per il duro attacco che il mostro invisibile ha sferrato. Mi mancano i bambini del settore giovanile scolastico e con loro tutti i ragazzi della squadra di Terza categoria – conclude -. Interrompere bruscamente la quotidianità sportiva, il rapporto sociale con tutti i nostri piccoli e grandi tesserati, con le loro famiglie, con i nostri tifosi, con l’intero staff, con l’adrenalina che il gioco del calcio trasmette è qualcosa di surreale. Ci rialzeremo. Lo faremo anche questa volta, tutti insieme, riprendendoci tutto ciò che il mostro silenzioso ci ha strappato via. Ma questo è il momento dell’essere responsabili e di restare a casa! Proteggiamo chi ci protegge e allora si che tutto andrà bene.”
Antonio Villani (La Gazzetta del Mezzogiorno)